Risposta a "Io Donna"

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    Introduzione


    In data 3 Luglio 2019, la rivista Io Donna ha pubblicato un articolo dal titolo, “Dating Online: il “no” delle donne scatena la rabbia degli uomini. Anche sul web”.
    L’oggetto di questo scritto sarà quello di mostrare brevemente come l’articolo suddetto -inserendosi in una immensa scia di propaganda anti-maschile di stampo femminista- nonostante ammanti pretese di “scientificità” [avvalendosi delle dichiarazioni di due professori universitari -che guarda caso provengono da scienze delle formazione: facoltà che ormai sembrano produrre figure totalmente prive di indipendenza di pensiero e capacità di analisi- e di un loro “studio” dal titolo “Lonely hearts and angry minds: online dating rejection increases male (but not female) hostility”: “cuori solitari e menti arrabbiate: i rifiuti nel dating online incrementano l’ostilità maschile (ma non quella femminile)”] abbia un contenuto del tutto ideologico e produca una lettura della realtà piena di contraddizioni e di affermazioni prive della benché minima coerenza logica.
    Il tutto, piegato ad una narrazione denigratoria verso gli uomini e il maschile finanche dal titolo, espressa attraverso generalizzazioni indebite che a proprio sostegno hanno solamente il pregiudizio personale e la malafede di chi scrive.
    Prima di procedere con la lettura di questo breve scritto, si consiglia la lettura dell’articolo in esame(
    www.iodonna.it/attualita/2019/07/0...i-anche-online/); articolo che, per ragioni di spazio, non verrà richiamato passo per passo.

    1.1. Il Gini applicato all’economia sessuale


    Poiché l’oggetto dello studio citato nell’articolo è quello del dating online, cercheremo anche noi di svolgere una breve analisi del campo del dating online, avvalendoci di alcuni studi.
    Iniziamo con l’economista Robin Hanson, il quale ha scritto alcuni avvincenti articoli che utilizzano la fredda e disumana logica per la quale gli economisti sono famosi, per comparare la disparità di reddito con la disparità di accesso al sesso. Se seguiamo alcuni passi del suo ragionamento, possiamo immaginare il mondo dell’amore come qualcosa di simile a un’economia, nella quale le persone possiedono quantità differenti di attrattività (l’equivalente dell’euro nell’economia dell’amore) e coloro con più attrattività possono accedere a più e migliori esperienze romantiche (l’equivalente dei beni di consumo nell’economia dell’amore).
    Uno degli utili strumenti che gli economisti usano per studiare le disparità è il coefficiente di Gini. Si tratta semplicemente di un numero compreso tra zero e uno, che rappresenta il grado di disuguaglianza di reddito in un dato paese o gruppo. Un gruppo egalitario in cui tutti gli individui hanno lo stesso reddito avrà un coefficiente di Gini pari a zero, mentre un gruppo non egalitario in cui un solo individuo ha tutta la ricchezza e il gli altri niente avrà un coefficiente di Gini vicino a uno. Quando Jeff Bezos o Warren Buffet (alcuni degli uomini più ricchi del pianeta) entrano in una stanza, il coefficiente di Gini di quella stanza schizza alle stelle.
    Alcuni intraprendenti nerd si sono cimentati nello stimare il coefficiente di Gini di alcune “economie” dell’amore. Tra gli eterosessuali, ciò in pratica significa calcolare due coefficienti di Gini: uno per gli uomini e uno per le donne. Questo è dovuto al fatto che uomini e donne eterosessuali occupano essenzialmente due distinte “economie” o “mondi”, con gli uomini che competono esclusivamente tra di loro per le donne, e le donne che competono esclusivamente tra di loro per gli uomini. Il coefficiente di Gini per gli uomini collettivamente è determinato dalle preferenze della collettività di donne, e viceversa. Se le donne trovassero che ogni uomo è ugualmente attraente, allora l’economia maschile dell’amore avrebbe un coefficiente di Gini pari a zero. Se tutti gli uomini trovassero la stessa donna attraente e considerassero tutte le altre donne non attraenti, l’economia femminile dell’amore avrebbe un coefficiente di Gini vicino a uno. I due coefficienti non si influenzano l’un altro direttamente, e ogni sesso collettivamente determina il coefficiente di Gini – cioè, il livello di disparità – dell’altro sesso.
    Un esperto di dati della app di dating Hinge ha prodotto un report sui coefficienti di Gini che ha calcolato utilizzando gli abbondanti dati della sua società, trattando i “like” come l’equivalente del reddito. Ha determinato che le femmine eterosessuali hanno dovuto rapportarsi con un coefficiente di Gini di 0,324, mentre i maschi eterosessuali hanno dovuto affrontare un coefficiente di Gini molto più alto, pari a 0,542. Pertanto nessuno dei due sessi ha una completa uguaglianza: in entrambi i casi, ci sono alcune persone “benestanti” che possono accedere a più esperienze romantiche, e alcune “povere” che hanno accesso a poche o nessuna esperienza. Ma mentre la situazione per le donne è qualcosa di simile a un’economia con un po’ di poveri, un po’ di ceto medio, e alcuni milionari, la situazione per gli uomini è vicina a quella di un mondo con un ristretto numero di super-miliardari circondati da moltitudini che non possiedono praticamente niente. Secondo l’analista di Hinge:
    In una lista degli indici di Gini di 149 nazioni fornita dal CIA World Factbook, ciò piazzerebbe l’economia femminile dell’amore al 75esimo posto in classifica (nella media – pensate all’Europa occidentale) e l’economia maschile dell’amore all’ottavo posto (cleptocrazia, apartheid, guerra civile perpetua – pensate al Sud Africa).
    Quartz ha riportato nella sua scoperta, citando un altro articolo su un esperimento con Tinder, che “l’80% degli uomini peggiori (in termini di attrattività) competono per il 22% delle donne peggiori e il 78% delle donne migliori competono per il 20% degli uomini migliori”. Questi studi hanno esaminato “like” e “swipe” su Hinge e Tinder, che sono obbligatori per ottenere un qualsiasi contatto (tramite messaggi) tra due match potenziali.

    1.2 Lo studio del Business Insider e di OkCupid


    Un altro studio, riportato in Business Insider, ha trovato uno schema nei messaggi sulle app di dating che è coerente con questi risultati. E ancora un altro studio, eseguito da OkCupid sulla propria gigantesca base dati, ha scoperto che le donne valutano l’80 percento degli uomini come “più brutti della media”, e che questo gruppo di 80 percento “sotto la media” riceve risposte ai messaggi solo il 30 percento delle volte, o meno. In contrasto, gli uomini valutano le donne come più brutte della media solo nel 50 percento dei casi, e questo gruppo del 50 percento riceve risposte il 40 percento delle volte, o più.
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    Se queste scoperte sono affidabili, la larga maggioranza delle donne vuole relazionarsi romanticamente con una piccola minoranza di uomini, mentre la maggior parte degli uomini vogliono relazionarsi con la maggior parte delle donne. Il grado di disparità in “like” e “match” misura credibilmente il grado di disparità nell’attrattività, e necessariamente implica almeno quel grado di disparità nelle esperienze romantiche. Diventa difficile non trarre un’ovvia conclusione: la maggioranza delle donne trova la maggioranza degli uomini non attraente e senza valore sufficiente per intraprende una relazione sentimentale, mentre il contrario non è vero. Detto in altri termini, sembra che collettivamente gli uomini creino una “economia dell’amore” per le donne con una disparità relativamente bassa, mentre le donne collettivamente creano una “economia dell’amore” per gli uomini con una disparità molto alta.
    La differenza dei coefficienti di Gini indicato in questi studi è qualcosa di simile a un “gap della disparità sessuale” o “gap delle distribuzione di attrattività”, meno ovvio ma potenzialmente ancor più socialmente significativo di alcuni gap di genere più conosciuti (come quello sulla presunta differenza di retribuzione tra uomini e donne che svolgono lo stesso lavoro).
    Guardiamo ad esempio il grafico pubblicato su reddit da una 23enne che presenta il suo resoconto di 13 mesi su Tinder, durante i quali ha passato in rassegna oltre 30 mila profili. Solo il 12% dei maschi ha passato la scrematura estetica; di questi il 67% ha ricambiato il match e con circa la metà è iniziata una conversazione. Alla fine la ragazza è andata all’appuntamento solamente con 5 di loro, il che significa lo 0,016% sul totale di tutti i profili che in quell’anno le sono passati davanti agli occhi.
    Ora, come è possibile effettuare un qualsiasi discorso sulle app di dating prescindendo dall’enormità di un dato simile?
    Questi sono solamente alcuni esempi degli studi condotti sulle app di incontri e il dating online.
    Ve ne sono molti altri (di cui alleghiamo i link), che producono risultati che vanno tutti nella stessa direzione, se non peggio:
    1)www.researchgate.net/publication/3...of_Tinder_Users
    2)https://journals.plos.org/plosone/article?...al.pone.0001201
    3)https://quillette.com/2019/03/12/attractio...dating-economy/
    4)www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0272775719301104
    5)www.nytimes.com/2014/10/30/fashion...-old-truth.html
    6)https://medium.com/@worstonlinedater/tinde...ur-2ddf370a6e9a
    7)www.duo.uio.no/bitstream/handle/10...e=1&isAllowed=y
    8)www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2405844019366083

    In una delle più note app di incontri (Tinder), i dati ci rivelano che le donne mettono il famoso “like” solamente al 4,5 degli uomini; al contrario, gli uomini apprezzano il 61,9% dei profili (studio numero 4, Sience Direct).
    Tutti gli studi inviati sopra mostrano che la maggior parte degli uomini è pressoché invisibile alle donne nei siti di incontri.
    Donne che hanno in mediamente, attraverso queste app, molti più incontri sessuali degli uomini (www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/01972243.2017.1414093: dati che verosimilmente sono sottostimati e non di poco).

    2.1 Domanda e prezzo


    Ci siamo avvalsi di una serie di rilevazioni condotte da istituti universitari ed enti di ricerca, per avanzare delle osservazioni che in realtà sono nell’esperienza di chiunque e che non necessiterebbero di certo bisogno dello studio scientifico per essere accreditate: ma si sa, la scienza è l’ultima religione rimasta ed abbiamo voluto rendere le nostre osservazioni inattaccabili.
    A rendere evidente l’asimmetria che regna nel mercato delle relazioni del resto, sono le descrizioni che le donne usano nei loro profili; descrizioni che mostrano i criteri di selezioni adottati dalle donne, la denigrazione verso il maschile (nella fisicità e dal punto di vista umano), la sessualizzazione della propria fisicità, le pretese, l’incoerenza.
    Ecco alcuni esempi:

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    Insomma, basta volgere una rapida occhiata alle app di incontri, per vedere in maniera chiarissima ed inequivocabile chi stabilisce il prezzo e chi invece sta dalla parte della domanda.
    L’impressione che se ne ricava è che internet abbia ampliato a dismisura il ventaglio di scelta delle donne, non più limitato alle cerchie sociali che si frequentano in "real life" (come avveniva fino a non molti anni fa); questo fa sì che la condizione di subordinazione (dal punto di vista relazionale, per quello che qui ci interessa) che l’uomo medio vive rispetto al femminile ne esca, complice anche la cultura femminista, particolarmente esarcebata.
    Del resto, tra empowement (versione edulcorata del concetto di “supremazia”) femminile, tonnellate di avance, richieste di amicizia, messaggi, “like” nei social e nelle app, che le donne si ritrovano a gestire, non c’è da stupirsi che le stesse si autoconvincano di valere sempre molto e di meritare “di più” (anche quando spesso parliamo di barrique completamente prive di cultura, come nei casi di cui sopra, dove dei bolier ricevono tonnellate di apprezzamenti da uomini che, pur di espugnare qualunque roccaforte, si sperticano in commenti falsi su bellezza oggettivamente inesistente).
    Questo è lo spettacolo del dating online: gli uomini che si trovano a dover prendere sempre l’iniziativa, le donne che si palesano e mostrano un interesse evidente e reale solo per i tronisti di Uomini e Donne, l’uomo medio costretto a una fatica inane per emergere [noi uomini dobbiamo essere sicuri di noi stessi, acculturati, simpatici, intelligenti, e indipendentemente dalla donna, chi più ne ha più ne metta. Le donne mediamente hanno già quanto serve per essere attrattive: la vagina, opportunamente condita da tonnellate di trucco coprente ogni difetto, tacchi da 15 per sembrare più alti; ed Io Donna, che insieme a tutta la compagine femminista, mostra come spacciare l’esercizio del dominio in “libertà”, come trasformare (dal punto di vista teorico/retorico) il potere sessuale che esercitano sugli uomini nel suo contrario (molestie)].
    Del resto, l’offerta di uomini che hanno è immensa, la società le dipinge come le vittime predestinate e innocenti per definizione, riviste come Io Donna ci mettono il carico, dipingendo gli uomini come una frotta di stupratori (oltre al meccanismo ideologico illustrato sopra), di casi umani o di soggetti incapaci di gestire i rifiuti (inspiegabilmente, visto che il mercato relazionale tra i due sessi è così equilibrato…) e il gioco è fatto, la dipendenza sessuale maschile viene dipinta come una forma di potere maschile.
    Per fornire un’ulteriore veste concreta di questa asimmetria, poniamo il caso di un uomo di 35 anni, che vive con i propri genitori poiché svolge un lavoro precario: sarà semplicemente fottuto e non considerato da qualunque donna per una qualunque relazione a lungo termine (pochi sono cosi belli da permettersi la botta e via). Una donna nelle medesime condizioni, anche senza macchina e senza patente, troverà comunque un uomo pronto ad andarla a prendere. In sostanza quando una donna vuole sistemarsi, si accontenta esteticamente e pretende economicamente, lei come al solito non è in dovere di dare nulla.
    Questo è la cornice, questo il "potere sessuale" strabordante delle donne italiche, che alcune donne peraltro riconoscono pure. Per molti uomini peraltro questa situazione è insostenibile, così escono dal mercato sessuale e relazionale, perché non hanno voglia di fare complimenti a donne che non se li meritano, riservandosi il diritto di manifestare la propria preferenza verso quelle poche che ritengono realmente interessanti. Dopo i trenta anni ad esempio, è anche difficile conoscere donne libere; se non si sono mai sposate hanno probabilmente il potere e la voglia di frequentate esclusivamente uomini ricchi e/o avvenenti; se sono divorziate devi prenderti anche i loro figli e spesso cacciare soldi per figli non tuoi, in nome dell'amore. Così molti uomini decidono di non sposarsi e di non fare i figli: il 40% dei matrimoni parte con le migliori intenzioni e finisce in merda, con padre che paga gli alimenti alla moglie fancazzista e va a mangiare alla caritas

    2.2 La politica del sesso di Io Donna


    Per non farci mancare niente, diamo un’occhiata alla “politica del sesso” posta in essere da “Io Donna”:
    www.iodonna.it/tag/seduzione/
    www.iodonna.it/bellezza/viso-e-cor...-corpo-a-corpo/
    www.iodonna.it/benessere/amore-e-s...iu-e-sfruttalo/
    Tempo di ricerca di questi link? Niente, un nanosecondo.
    Tutta la rivista è così.
    E si passa da articoli dal titolo “Sesso, scopri che cosa lo eccita di più e sfruttalo” a “Dating Online: il “no” delle donne scatena la rabbia degli uomini. Anche sul web”.
    La stessa rivista quindi in alcuni articoli insegna alle donne come prendere iniziative indirette nell’ambiente di lavoro o in qualsiasi altro ambiente, come valorizzare e capitalizzare al massimo il proprio potere seduttivo; in altri poi, definisce gli effetti di quello stesso potere -ovvero di quella capacità di generare attenzioni e desiderio- molestia.
    Per il fatto stesso che si faccia riferimento ad una capacità seduttiva e se ne incoraggi in tutti i modi l’utilizzo attraverso iniziative indirette, ne consegue che dall’altra parte (quella maschile) ci si aspetti delle iniziative dirette: una risposta inconscia che gli uomini danno a certi stimoli e su cui Io Donna fa leva dalla sua prima alla sua ultima pagina.
    Cosa succede però, se a rispondere alle iniziative che Io Donna (et similia) suggerisce di prendere, è l'uomo sbagliato? Altri articoli spiegheranno come citarlo in giudizio per molestie sessuali e altri ancora, come quello in esame, andranno bel oltre, definendo gli uomini tutti come un’orda di stupratori (la “cultura dello stupro” cui si fa riferimento nell’articolo), “oppressori patriarcali”, violenti, etc.
    Sia ben chiaro che il problema non è la rivista in oggetto, che non costituisce di certo un unicum: essa esprime a pieno titolo ed in piena regola la narrazione (l’unica) propugnata dall’ideologia dominante sul tema della relazioni, sulla definizione di ciò che è il maschile e ciò che è il femminile, su ogni aspetto che tocchi la sfera dei rapporti tra i sessi, la “descrizione” di ciò che sono.

    3.1 Lo “studio” citato nell’articolo: osservazioni sulla modalità di conduzione e conclusioni


    Veniamo adesso allo studio citato nell’articolo: “Lonely hearts and angry minds: online dating rejection increases male (but not female) hostility; cuori solitari e menti arrabbiate: i rifiuti nel dating online incrementano l’ostilità maschile (ma non quella femminilie)”.
    Come abbiamo osservato in apertura, lo “studio” (il virgolettato è d’obbligo, visto il livello bassissimo dello scritto che stiamo esaminando), giunge ad alcune conclusioni:
    • i rifiuti femminili producono generalmente atti di violenza degli uomini contro le donne;
    • nelle donne, i rifiuti in campo relazionale, non producono rabbia (si fa riferimento addirittura ad un’ “assenza” di sentimenti di rabbia, neanche ad un semplice tasso inferiore);
    • nelle donne i rifiuti producono “al massimo” abbassamento dell’autostima: negli uomini no, l’autostima è intatta e viene fuori solamente la rabbia;
    • i maschi (curioso che quando ci si riferisce agli uomini nell’articolo si usi il termine “maschi”; quando ci si riferisce alle donne… rimangono donne, mai femmine) “rifiutati erano più propensi a supportare le cosiddette “credenze nel mito dello stupro”: ovvero le opinioni secondo le quali, per esempio, la condotta o l’abbigliamento di una vittima possa assolvere o attenuare la gravità di una violenza. Un quadro preoccupante, su cui i ricercatori hanno messo in luce una tesi socio-culturale: «nonostante tutti gli sforzi messi in campo per ridurre il gap di genere a tutti i livelli, ancora oggi dobbiamo fare i conti con un retroterra culturale e sociale tipicamente patriarcale – sottolinea Andrighetto -. In questo schema, quando un uomo viene rifiutato, avverte una minaccia sia alla sua identità sia alla sua dinamica di potere sulla donna. La rabbia è un’emozione pro-attiva che scatena l’aggressività ed è volta a ripristinare quel potere»”.

    Sulle modalità di conduzione dello stesso, invece sappiamo questo:
    <<e’ stata realizzata una finta piattaforma di incontri online, Cupidoo, in cui partner fittizi rifiutavano sistematicamente le richieste di interesse espresse dai partecipanti (che ovviamente non erano consapevoli dei veri scopi dello studio). «Abbiamo misurato i livelli di aggressività maschile attraverso questionari proposti dopo che i partecipanti, uomini e donne, avevano ricevuto tre rifiuti consecutivi», racconta Alessandro Gabbiadini. Ne è emerso che gli uomini erano arrabbiati non solo contro le tre partner virtuali che li avevano rifiutati, ma anche contro le donne in generale>>.

    Sulle conclusioni a cui giungono gli autori di questo libello di propaganda femminista, abbiamo già osservato come per noi esse siano la risultante di pregiudizio e irrazionalità -mista sempre alla tipica malafede femminista-; e lo abbiamo fatto fornendo alcuni brevi elementi sul “mercato” delle app e qualche breve cenno sul campo relazionale in generale e torneremo a breve.
    Cercando di analizzare le modalità di conduzione di questi “esperimenti online”, ci chiediamo: come hanno fatto i soggetti che lo hanno condotto a ricavare questi dati sulle “condivisione della cultura dello stupro”, “dinamiche di potere degli uomini verso le donne”, “cultura patriarcale”, “violenza maschile contro le donne”?
    Quale è il contenuto delle domande che hanno effettuato?
    In che modo -attraverso un profilo femminile fittizio, per mezzo del quale sono stati contattati degli uomini con fine di preciso di simulare interesse e poi rifiutarli- hanno acquisito degli elementi del pensiero degli stessi su temi così complessi e controversi come la “teoria del patriarcato” o addirittura la “cultura dello stupro” (ricordiamo che la cosiddetta “teoria del patriarcato” è contestata da moltissimi sociologici e studiosi: nel modo in cui è fatta propria da Io Donna, dal femminismo e da tutto ciò che afferisce alla comunicazione mediatica, dovrebbe essere in realtà improponibile in qualsiasi discorso accademico)?
    E soprattutto, visto che dallo “studio” sono così sicuri della violenza e della aggressività maschile, della pericolosità degli uomini quando vengono rifiutati, quali sono esattamente le affermazioni di questi “uomini cavia” su cui è imperniato lo “studio”?
    Nessuna informazione, nessun esempio di tutto ciò.
    Dovremmo berci (secondo loro) questa poltiglia di ideologia e propaganda anti-maschile come se fosse acqua fresca.
    Tra l’altro l’affermazione sulla minore violenza delle donne nel gestire i rifiuti (ci torneremo tra le conclusioni), se osservata seriamente, non mostra alcuna evidenza o alcun riscontro empirico.
    Probabilmente, nell’avanzare questa tesi, gli autori dello “studio” si riferiscono al fatto che, attraverso questi falsi profili che hanno creato nella loro app di incontri fittizia, i profili femminili hanno riscosso un “successo” maggiore rispetto a quelli maschili: se un miliardario prende una multa di 150 o 300 euro, l’impatto nel suo bilancio familiare (e di conseguenza la preoccupazione, lo stress) sarà la stesso di quello che patisce l’operaio che con 800 euro al mese deve mandare avanti la baracca, moglie e figli compresi?
    Appurato che l’utilità marginale del riscontro positivo con l’altro sesso è totalmente diversa per uomini e donne, non mi sembra così incredibile che degli uomini, in questo esperimento di cui realmente gli autori hanno voluto dirci ben poco (rispetto al contenuto di domande e conversazioni), abbiano mostrato un disappunto maggiore quando si è palesata la “presa in giro”.
    Si badi bene, è convinzione di chi scrive che gli uomini in realtà, proprio perché mediamente convivono con il rifiuto, siano molto più abituati a reggere lo stesso. Avendo delle reazioni che, nel loro stoicismo, le donne neanche concepiscono.
    Un elemento a sostegno di questo pensiero lo si può trovare nell’atteggiamento ossessivo che le donne manifestano verso quegli uomini che hanno sì concesso a loro una frequentazione, ma possibilmente non hanno dato seguito alla stessa con una relazione a lungo termine.
    Il web è stracolmo di forum in cui le donne si lamentano che l’uomo che frequentano è impegnato ma non lascia la moglie per “decidersi” con loro, di guru che affermano di poter insegnare ad altre donne come legare a sé uomini “di valore” (specificando subito dopo, ove ce ne fosse bisogno, che il valore è sempre estetico ed economico).
    E sono totalmente inutili i tentativi che alcuni di noi pongono in essere nel cercare di fornire una prospettiva sociologica alla questione, nel dire a queste donne che la loro sofferenza deriva dal fatto che hanno sviluppato un’ossessione verso un uomo -già impegnato o comunque mai realmente interessato- con cui sono state una o più volte, che non hanno un “diritto naturale” ad ottenere proprio quell’uomo lì (che guarda caso ha sempre certe caratteristiche che lo pongono su dei precisi piani materiali superiori alla donna in oggetto, siano essi estetici o economici).
    Qui tra l’altro si gioca una delle altre contraddizioni della religione femminista: se le fai notare l’asimmetria del mercato sessuale, sei sicuramente un brutto misogino che è convinto che esista il diritto all’orgasmo (anche se non stai affermando niente di tutto questo). Per contro, quando fai notare loro le conseguenze di certi assetti o il significato di certe azioni (vedi ad esempio il discorso che abbiamo fatto sulla seduzione), quel diritto naturale sporco e cattivo, magicamente riappare, nella forma del diritto a usare ogni mezzo (quindi anche e soprattutto il corpo) per perseguire vantaggi personali, etc.
    Per il femminismo, non esiste la relazione tra essere umani (oltre a non esistere l’onore e neanche la logica), ma esiste solamente la soggettività femminile (e femminista) e in base a quella bisognerebbe riscrivere tutto, dalla morale, al diritto, alla storia, etc.

    3.2 Conclusioni


    Come abbiamo accennato in precedenza, “articolo” e “studio” ignorano deliberatamente tutto il discorso sulla seduzione e sulle dinamiche relazionali.
    Dinamiche che, se osservate con un minimo di onestà intellettuale, mostrano come la sessualità sia oggi soggetta a logiche di dominio e di mercificazione; logiche e forme in cui, a battere cassa, non sono di certo gli uomini. Prostituzione, chat online a pagamento, il porno e tutta l’industria del sesso: tutto ciò non esisterebbe se non ci fosse questa asimmetria, questa barriera nell’accesso alle relazioni e alla sessualità.
    Barriera che, tra le altre cose, consente alle donne di redigere i propri profili nelle app e nei social che manifestando pretese su tutto (“altezza non meno di un metro e 85”, “benestante”) e mostrandosi desiderose di dare o comunicare su niente.
    Accesso che non è libero, spontaneo, naturale, ma regolamentato secondo logiche consumiste. Quelle stesse logiche che, se ribaltate, rivoluzionerebbero totalmente il sistema. E’ infatti a nostro avviso evidente che, dietro il desiderio agito da parte di molti uomini di affermazione economica, professionale, sociale, estetica (pratica del body building, culto della fisicità finalizzato alla sola esibizione del corpo, tatuaggi), consumistica (vestiti di marca, automobili costose, esibizione del possesso di beni materiali), della ricerca quasi compulsiva della visibilità, vi sia proprio il tentativo di superare quelle barriere, di rientrare negli standard che le donne richiedono.
    E gli uomini che si dedicano meticolosamente a tutto questo sono, rispetto a quelli che si ritirano dal gioco (o dai giochi), una delle altre facce dell’universo maschile.
    Le donne del resto, se lo volessero, potrebbero (sono le uniche a tenere le chiavi del gioco, delle catene del gioco) liberarsi anche esse da determinati ruoli: quello di mostrare sempre una cura del corpo, un vestiario che le valorizzi al massimo (arricchendo così anche loro un indotto, dai consumi di beni di lusso al mercato della cura del corpo).
    Però, per fare questo (e come ho detto, solamente le donne possono disarticolare il discorso sull’estetica, visto che loro detengono il potere di scelta), dovrebbero rinunciare ad esercitare il loro dominio nel campo della seduzione.
    Sono disposte le donne a fare questo?
    E’ qui purtroppo che si infrange ogni appello contro gli archetipi del dominio e dello sfruttamento del potere sessuale, della sua mercificazione.
    Perché anche la donna media, lontanissima per estetica dalla donna che appartiene allo star system, sarà investita, come donna, di un potere, di una posizione di vantaggio rispetto al suo corrispettivo maschile.
    In ragione di ciò, difficilmente si ribellerà rispetto a un sistema di sfruttamento del potere erotico e sessuale; quel sistema investe di un vantaggio enorme anche lei.


    Come abbiamo mostrato nei paragrafi precedenti, una rivista come Io Donna, è ben consapevole di questo potere e della sua natura.
    Dalla prima all’ultima pagina infatti consigli di seduzione, pubblicità di prodotti per la cura del corpo o articoli che ne trattano, retorica femminista (che serve sempre a ripulire le coscienze e mascherare il giochetto), sono avviluppati in maniera inestricabile. A dimostrazione di quanto gli aspetti economici, culturali, psicologici siano intimamente connessi e non separabili senza la messa in crisi del sistema stesso.
    Sistema che, riviste come Io Donna e le sue autrici femministe, si guardano bene dal mettere in discussione.
    Anzi, fanno di tutto per oscurare, per nascondere la reale natura del fattore che lo sostiene: la potenza straordinaria della sessualità femminile come mezzo di incentivazione per gli uomini; una spinta nei confronti della quale, specie per gli uomini in giovane età, è quasi impossibile opporre resistenza.
    Io Donna quindi, da un lato rinforza con tutta se stessa la diffusione e il radicamento di certi archetipi (quello del potere femminile agito attraverso la seduzione, il narcisismo, l’edonismo); dall’altro, con un triplo salto carpiato, trasforma le attenzioni maschili (di cui enfatizza la provocazione in ogni sua pagina) e la dipendenza sessuale di cui sono espressione, nel loro contrario, manifestazioni di potere e molestie.
    Il secondo punto che abbiamo evidenziato, quello secondo cui i rifiuti o le delusioni in campo relazionale nelle donne non produrrebbero rabbia, è smentito da una quanti enorme di fatti di cronaca.

    Fatti che purtroppo -in linea con il Manifesto di Venezia e la velina del gruppo GEDI, che mettono nero su bianco delle linee editoriali ben note- non trovano spazio nei media nazionali (https://bari.repubblica.it/cronaca/2020/09...glie-266678496/, oppure il caso di Giuseppe Morgante).
    Sempre sul contenuto di questa affermazione (secondo cui gli uomini reagiscono ai rifiuti con l’aggressività, le donne invece con un calo di autostima), tutti gli indicatori a disposizione dicono esattamente il contrario.
    I suicidi colpiscono all’ottanta percento la popolazione maschile e sono altissime tra gli uomini che si trovano ad affrontare una separazione: non esiste un dato minimamente paragonabile tra la popolazione femminile.
    I ritiri scolastici, il ritiro sociale in generale, colpisce gli uomini, non le donne.
    I dati sono questi e sono incontestabili: attraverso quali elementi, Andrighetto e Gabbiadini, sostengono che nelle donne i rifiuti producono un calo di autostima maggiore rispetto a quello che producono negli uomini?
    Non è dato sapere (se non il loro preziosissimo “studio” sul dating online -attraverso una app fittizia e che per quel poco che trapela sembra un’idiozia, pagata da contribuenti- realizzato giusto per effettuare un po’ di propaganda femminista e garantire qualche comparsata in tv o in riviste come “Io Donna”).
    Se a queste considerazioni aggiungiamo alcune riflessioni sui commenti dell’autrice articolo (“La rabbia maschile fa paura, online come offline: nella realtà si misura con il triste conto di stalking e femminicidi”), il quadro che ne esce è desolante (anche se purtroppo consueto).
    Abbiamo infatti un totale stravolgimento della realtà, una visione totalmente piegata ad una soggettività, ma presentata come “oggettiva”, “scientifica”, “neutrale”.
    Di neutrale e scientifico ovviamente non c’è nulla, né nel cosiddetto “studio” (pagato con i soldi dei contribuenti) né nel contenuto dell’articolo.
    Del resto, se gli autori dello studio e l’autrice dell’articolo sono così sicuri delle proprie idee e di quanto hanno espresso, noi saremmo ben lieti di affrontare con loro un confronto su questi temi.
    Avverrà mai? No, ovvio.
    Al massimo, bolleranno come “misogino” o sciovinista questo scritto o qualsiasi espressioni di tesi che non preveda l’accettazione di “teoria del patriarcato”, “cultura dello stupro”, “uomini violenti”, etc.
    E si badi bene, l’imprimatur non avverrà mai in un confronto orale e immediato, in un dibattito.
    Ma verrà lanciato dalle loro roccaforti, magari con toni allarmistici e chiedendo la censura di tutto quello che non si allinea alla narrazione anzidetta.

    Edited by Deusfur - 11/5/2022, 21:44
     
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