Marie-Louise von Franz sul matriarcato (e il rapporto tra femminismo e capitale)

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    Tratto da Il mondo dei sogni: alla scoperta di ciò che veramente siamo, trad. Marta Cohen Hemsi, Novara: Red, 1995:
    "Ho letto una volta un libro su una tribù indiana del sud-america nella quale vigeva un regime matriarcale; non in senso religioso ma sociologico. Le donne erano puttane grasse e felici che comandavano sugli uomini, i quali erano invece creature magre, arrendevoli, sottomesse e nervose che lavoravano nei campi e servivano le donne. In senso positivo si era instaurato il benessere terreno e la gratificazione delle pulsioni sessuali, in senso negativo invece, mancava qualsiasi spiritualità, era un mondo improntato a una totale stupidità. Teso alla mera sopravvivenza, una sopravvivenza gradevole, ma senza pensiero, senza alcuna idea di realizzazione spirituale.
    Gli uomini perciò erano miseri, sottomessi, infelic
    i".

    Non vi ricorda il mondo verso cui ci stiamo avviando?
     
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    Complimenti per l'articolo; lettura scorrevolissima e concetti esposti e successivamente smontati in modo impeccabile. Il problema, purtroppo, risiede nella parte finale dell'articolo. Fino a quando sono i pesci piccoli a fare la lotta contro i mostri, non si risolverà mai nulla. O meglio, apparentemente è così, ma magari un domani tanti pesci piccoli riusciranno a fare la differenza. Al momento tuttavia non c'è partita, e come giustamente fai notare, è assurdo che non ci sia una vera e propria opposizione nei confronti di fenomeni così tanto pericolosi, contraddittori e fallaci.

    Edited by Deusfur - 19/2/2021, 22:53
     
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    Su Femminismo e Capitale, ecco il link ad un ottimo articolo di Armando Ermini.

    www.ilcovile.it/scritti/COVILE_804_Ermini_femminismo.pdf

    Qui il primo paragrafo.

    "Scrivere di femminismo non è semplice perché non è un fenomeno lineare ed univoco. In realtà si dovrebbe parlare di femminismi, uniti da un minimo comune denominatore ma divisi su molte cose. Scopo di questo articolo non è scriverne l’ennesima storia, sulla quale chi è interessato può trovare molto materiale cartaceo e sul web.
    Ci interessa invece tentare di metterne in luce i legami, talvolta espliciti, altre impliciti quantunque ignorati o negati, col capitalismo; nel senso della funzionalità a questo sistema economico, ma anche e soprattutto come funzionalità o identità nelle concezioni filosofiche e antropologiche, in senso lato culturali, che ne sono alla base anche quando non esplicitate.
    Possiamo intanto partire da una prima constatazione. Per esplicita e ripetuta ammissione di importanti esponenti femministe (ad esempio Muraro e Dominijanni), il Patriarcato è ormai al tramonto e viviamo già in epoca post patriarcale. Cosa vuol dire allora il fatto che, al contrario, il capitalismo è vivo e vegeto e ha ormai sconfitto il suo avversario storico, o almeno ciò che si proponeva come tale, diventando ( per una analisi più approfondita del concetto di Patriarcato rimando al mio libro La Questione Maschile oggi, Settecolori, 2014, nel quale propongo chiavi di lettura diverse e a mio avviso più congrue rispetto a quella corrente. Tuttavia in questa sede assumiamo per brevità il termine nel significato più comunemente accettato di sistema sociale fondato sulla discriminazione di genere, in virtù dell’oppressione maschile verso le donne) l'ordine economico/sociale di riferimento, non solo per quanto riguarda i rapporti sociali ma anche e soprattutto per il modo di pensare e di rapportarsi alla realtà che ci circonda? Ora, la fine del Patriarcato implica, necessariamente, anche la fine del suo sistema simbolico, compreso il linguaggio, ma sappiamo dalla fisica che ogni vuoto tende ad essere riempito, occupato. Da cosa lo vedremo.
    Senza stabilire rapporti necessari di causa effetto ma vedendone piuttosto le influenze reciproche, esiste una non smentibile contemporaneità fra tre fenomeni:
    1) l’affermazione e l’estensione a livello planetario del sistema capitalistico;
    2) l’evaporazione del padre e del suo simbolismo;
    3) la nascita e la crescente influenza politica e culturale del femminismo.
    Si possono fare tutti i distinguo che vogliamo, ma da tali fatti emerge che Capitalismo e Patriarcato sono fenomeni diversi, non sempre compatibili, in particolare quando il capitalismo dispiega pienamente la sua logica per diventare assoluto [per l’evoluzione del capitalismo da una prima fase astratta a quella odierna assoluta-totalitaria (definita come penetrazione del sistema delle merci e della sottesa ideologia in ogni poro della vita sociale e individuale), passando per la fase dialettica (definita dallo scontro di classe e dal permanere di forti contraddizioni anche all’interno delle classi), si veda Diego Fusaro, Minima Mercatalia, filosofia e capitalismo, Bompiani, 2013, e Costanzo Preve, anomalia della sinistra non normalizzata, in www.ilcovile.it n. 797].
    Il capitalismo dispiegato nel suo begriff è incompatibile col patriarcato, ovvero coi limiti imposti dalla legge del padre, mentre al contrario è compatibile, quando non direttamente connesso, col femminismo e con le sue concettualizzazioni. Il minimo comune denominatore dei femminismi a cui accennavo sopra è la convinzione che le donne sono sempre state una categoria oppressa, quale che ne sia la ragione, mentre lo scopo è renderle finalmente «libere», quantunque il termine libertà sia declinato in modo assai diverso. Può essere infatti inteso come piena libertà di costruirsi un proprio progetto di vita (ma in questo caso soggiace agli stessi limiti materiali degli uomini), ma anche come sganciamento da ogni determinazione naturale del corpo. Può voler dire agire in positivo per le donne, ma anche agire contro gli uomini perché causa dell’oppressione. Infine può voler dire anche assegnarsi una missione liberatrice universale. Liberarsi dal patriarcato significherebbe rendere anche gli uomini più liberi e autentici. Scusandomi per l’estrema sommarietà, credo sia utile partire tracciando una brevissima mappa classificatoria del femminismo per poi cercare di analizzarne i fondamentali, per quanto possibile nello spazio di un articolo. Rispetto alla sua fase iniziale, quando le prime suffragette rivendicavano il riconoscimento alle donne dei medesimi diritti sociali degli uomini, in primo luogo il diritto di voto attivo e passivo, il femminismo si è diviso in due grandi filoni fondamentali: Il femminismo dell’uguaglianza e quello della differenza. Occorre avvertire che tale classificazione è utile per orientarsi ma non deve essere intesa in senso rigido perché, come già detto, esistono similitudini strette di analisi e quindi obbiettivi comuni, anche se motivati in modo diverso".
     
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2 replies since 19/2/2021, 20:58   321 views
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