L’incel è un attento osservatore della realtà che lo circonda, uno scrutatore meticoloso delle dinamiche sociali, talmente efficiente da essere in grado di leggere la società mettendone a nudo le sue contraddizioni, i soprusi mascherati, la crudeltà dissimulata, le malcelate logiche ancestrali vestite di modernità, modernità retorica dietro cui si nascondono gli stessi istinti e le stesse paure primordiali che accompagnano l’uomo fin dalla notte dei tempi. L’incel scava sotto la patina dorata ed ipocrita che la società, oggi, esibisce ed impone, come un vestito nuovo e lindo su di un corpo vecchio e trascurato: l’incel non può svestire una donna, ma spoglia con metodo il più grande inganno collettivo che sia mai esistito.

L’incel è la nota stonata, il piccolo ingranaggio che non gira, l’elemento debole, l’anello della catena che si spezza, la formica rossa nel formicaio nero, l’incel è il caos in un sistema ordinato, è denuncia attiva di una costruzione collettiva basata sull’esteriorità, sulla conformità omologata ad alcuni parametri fisici, facciali, meramente corporali, supportati (al massimo) da stampelle economiche e di contesto, e per questo svilenti dell’animo umano, lontani anni luce dalla rappresentazione romantica dell’amore inteso come ingrediente essenziale nei rapporti di coppia, che mira alla conoscenza intima e profonda dell’individuo, conoscenza basata sull’approfondimento delle doti qualitative caratteriali e valoriali, e che il racconto collettivo profemmineo ci somministra quotidianamente lasciandolo intendere come vero.

L’incel semplicemente non accetta di essere carne da macello in un modello sociale dove i ruoli di cliente e macellaio sono già stati assegnati ad altri: e se non può essere attore sociale preferisce essere distruttore, o meglio, destrutturatore sociale.